Storia delle conserve alimantari

La conservazione degli alimenti il più a lungo possibile si è una necessità manifestatasi sin dall’antichità, allorquando la disponibilità degli alimenti era dettata dalle stagioni e dalla possibilità di catturare le prede.

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La conservazione degli alimenti il più a lungo possibile si è una necessità manifestatasi sin dall’antichità, allorquando la disponibilità degli alimenti era dettata dalle stagioni e dalla possibilità di catturare le prede.

Le prime modalità di conservazione ci furono mostrate direttamente dalla natura: la frutta secca sugli alberi risultava commestibile, gli animali sepolti sotto la neve e il ghiaccio rimanevano intatti e i pesci che restavano inclusi nelle saline non si decomponevano. Questi esempi naturali sono stati i primi esempi di conserve alimentari.

Gli antichi Egizi, i Fenici, i Greci e i Romani praticavano il commercio del pesce salato e affumicato. Il cuoco imperiale Gabrio Apicio nel suo “De re conquinaria” descriveva le modalità di conservazione della carne con miele, aceto, sale e mostarda; mentre Palladio, nel secolo IV, raccomandava di conservare le olive facendone strati compatti colmati di miele, aceto e sale.

Nonostante queste testimonianze solo nel 1796 vennero applicati i primi trattamenti termici della conservazione del cibo da parte di Nicolas Appert. Nella sua pubblicazione del 1810 “ Livre de tous les menage ou l’art de conserver pendant plusierus années toutel les substances animale et végétales”, Appert descriveva in maniera chiara il suo processo di conservazione:
• preparazione ed introduzione degli alimenti all’interno di bottiglie;
• chiusura delle bottiglie con tappi di sughero;
• trattamento delle bottiglie in acqua bollente per tempi variabili in funzione dell’alimento;
• raffreddamento delle bottiglie.

Negli anni a seguire, il procedimento di Appert subì diverse trasformazioni e innovazioni sia negli impianti che nel processo di lavorazione. Nel 1810 l’inglese Peter Durand, l’inventore dei barattoli in banda stagnata, brevettò il metodo di conservazione degli alimenti mediante riscaldamento in recipienti di latta.

Fu però solo dopo la metà del secolo XIX, che il processo di conservazione degli alimenti in contenitori chiusi ermeticamente acquisì connotazioni scientifiche. Il merito fu del francese Louis Pasteur, che dimostrò come lo sviluppo microbico
fosse responsabile delle alterazioni dei prodotti alimentari.

Furono gli studi di Pasteur che di fatto dettero origine alla microbiologica degli alimenti.
Dopo Pasteur molti ricercatori si dedicarono allo studio dei meccanismi di alterazione dei prodotti “appertizati”.

Prescott e Underwood raggiunsero quattro importanti obiettivi:
• dimostrarono che i batteri rimasti vivi dopo il processo di “appertizzazione” erano responsabili dell’alterazione degli alimenti inscatolati e che aumentando le temperature del processo al di sopra della temperatura di ebollizione dell’acqua, questi batteri potevano essere inattivati;
• misero in evidenza l’importanza della penetrazione del calore durante il trattamento termico degli alimenti. Con l’uso di termometri furono in grado di misurare le temperature raggiunte al centro dei barattoli e la velocità di penetrazione del calore;
• furono i primi a raccomandare i test di incubazione per accertare la stabilizzazione dei prodotti trattati termicamente;
• dimostrarono la necessità di raffreddare i prodotti trattati termicamente. Un ulteriore contributo alle moderne tecnologie di stabilizzazione delle conserve alimentari mediante trattamento termico fu dato dal gruppo di ricerca del chimico americano Bigelow, il quale, insieme ai suoi collaboratori:
• sviluppò e perfezionò le termocoppie e la loro applicazione agli studi di penetrazione del calore;
• definì i punti di morte termica a diverse temperature per definite popolazioni sporali;
• definì la resistenza termica di microrganismi sporigeni;
• definì la relazione tra il tempo di morte termica delle spore e il pH e il tempo di morte termica e la concentrazione iniziale di spore;
• studiò i metodi per diagnosticare le cause delle alterazioni delle conserve alimentari in scatola procedendo all’esame delle aggraffature dei fondelli e di quella laterale della scatola.

In Italia i nomi di spicco ai quali fa riferimento l’industria conserviera sono Francesco Cirio e Pietro Sada. Il primo nel 1858 aprì a Torino la prima fabbrica di piselli in scatola, il secondo nel 1881 impiantò in Lombardia la prima fabbrica di carne in scatola.

Le conserve oggi

Oggi, pur essendo ancora valide le basi scientifiche definite da Bigelow, la tecnologia alimentare ha compiuto innumerevoli passi avanti, soprattutto in risposta alle mutate esigenze del consumatore.

Negli ultimi 50 anni è cambiata profondamente la struttura della società e con essa le abitudini alimentari. Con l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, le disponibilità di tempo per la preparazione dei pasti si sono notevolmente ridotte ed è aumentata fortemente la domanda delle conserve alimentari, da consumare in alternativa al pasto cucinato.

Se negli anni ’80 i prodotti conservati maggiormente acquistati erano vegetali sott’olio e sott’aceto, legumi in banda stagnata, carne e tonno in scatola e sughi pronti, oggi le attenzioni maggiori sono rivolte verso quei prodotti, debolmente processati
e poco additivati, che possono essere conservati a temperature di refrigerazione, per tempi abbastanza lunghi.

Questi prodotti sono noti con il nome tecnico di REPFED (Refrigerated Processed Food with Extended Durability) o alimenti pronti al consumo (ready to eat food).

Nonostante la crisi economica che negli ultimi anni sta coinvolgendo tutto il mondo industrializzato, e anche l’Italia, le stime sui consumi alimentari dimostrano che tali prodotti subiscono un costante incremento.

Infatti, se da un lato l’industria alimentare sta concentrando la sua attenzione sulla produzione di formulazioni alimentari sempre più vicine ai prodotti freschi, dall’altro la tradizione domestica e quella artigianale, rappresentata dalle aziende agricole che commercializzano direttamente i loro prodotti e dalle aziende agrituristiche, guardano con rinnovato interesse a questo universo
vissuto sia come nostalgia di un mondo casalingo da recuperare e, sia come una risposta alla ricerca di prodotti più sani, seppur pronti all’uso.

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